DI ARIA E DI FERRO

Premessa
In un'intervista del 1981 in occasione della presentazione della performance Quiescente Obliqua alla Galleria d'Arte Moderna di Roma veniva chiesto all' artista di chiarire, nell'orizzonte del suo lavoro, il significato della presenza di materiali linguistici di varia natura."la possibilità per l'artista - rispondeva Ferruccio Ascari - di porre, ogni qual volta si mette in gioco, la legge fondativa del gioco stesso è anche la possibilità di fare arte entrando in un sistema segnico per passare da una direzione significativa a un'altra. Quando nel mio lavoro utilizzo, oltre all'immagine, la scrittura o il suono o il corpo in movimento di un danzatore o altro ancora, faccio questo: mi muovo per più direzioni possibili e il cambio di dominante è possibile proprio perché questo gioco ormai non ha più regole prefissate; si trasforma continuamente, si svolge per dinamismi formali'. A partire da allora Ascari matura, anche sul piano teorico, quella sistematica polisemanticità che caratterizza il suo percorso artistico nelle sue diverse articolazioni. Utilizzando procedure, materiali e linguaggi diversi procede per cicli di opere che hanno tuttavia un forte legame sul piano concettuale e visivo: il passaggio da un ciclo all'altro è mosso da una ricerca che non conosce tregua, che si pone domande più che dare risposte.
NOWAR 2022

All’interno del percorso artistico di Ferruccio Ascari troviamo molte opere realizzate in tondo di ferro o che con questo materiale, sul piano puramente visivo, sono ad esso collegabili: la relazione tra spazio e corpi in movimento caratterizza un’installazione del 2022 realizzata a a Milano a Scalo Lambrate. Concepita come itinerante affinché nella reiterazione, come l’artista ebbe a dichiarare, moltiplichi il suo senso.

Le sagome in tondino di ferro di corpi straziati dalla guerra, colti nell’ultimo istante di vita, si dispongono sopra la scritta NOWAR realizzata in polvere di grafite: segni in movimento che occupano lo spazio nella sua longitudine.
COMPIANTO 2011
In Compianto sono presenti elementi che troviamo anche in altri due video - Prometheus, Sapiens - ma anche in opere di altri formati - installazioni, sculture - in cui è protagonista il corpo.
L’inquadratura fissa, la brevissima durata e la singolare traccia sonora – un canto tradizionale lucano appartenente al genere del compianto – caratterizzano questo video il cui tema, quello della morte, si intreccia con quello della pietà e insieme dell’orrore nei confronti dei massacri compiuti dagli esseri umani nei confronti dei propri simili.
SAPIENS 2011
Sapiens è un corpo illuminante realizzato in tondino di ferro.
Sagoma e dimensioni sono quelle di un uomo adulto di alta statura due metri circa, dotato di coda, che è poi il cavo elettrico.
La testa è costituita da una lampadina. Sapiens è un oggetto ibrido, che abita territori dai confini mobili: è una scultura, un’installazione fatta di molti elementi, ma è anche una lampada, è arte ma è anche design. Si potrebbe definirlo un pensiero poetico che illumina, una presenza.
Sapiens è stato concepito e realizzato in diverse varianti, ognuna caratterizzata da una particolare postura delle braccia e delle mani: a indicare il cielo, ovvero il mondo di sopra; la terra, ovvero il mondo di sotto; l’offerta; lo scongiuro; l’accoglienza.
PROMETHEUS 2016
Il video è uno sviluppo di Artisti Contro il Nucleare realizzato
da Ferruccio Ascari in occasione del Referendum del 2011
relativo alla proposta di reintroduzione dell’energia nucleare in Italia.
Il materiale visivo cui l’artista ha attinto è il medesimo: un’installazione di esili sagome in filo di ferro il cui titolo, Sapiens, significativamente allude alla specie cui apparteniamo, alla sua evoluzione, alle sue conquiste e all’uso che nel corso della storia ne è stato fatto. Un elemento di rilievo in Promethèus è la traccia sonora, Will be war soon?, una composizione musicale di Constantin Trokay.
L’importanza dell’elemento sonoro è sottolineata dal buio che accompagna molte delle sequenze musicali: un buio interrotto unicamente da fulminee apparizioni che appaiono come resti di un mondo andato in frantumi. Il video, come del resto la composizione musicale, è un’interrogazione sul futuro che potrebbe attenderci, sull’uso che noi esseri umani faremo della scienza e della tecnica.
BABEL 2022



In occasione della mostra Il Numinoso a cura Giorgio Verzotti – un progetto espositivo che indagava il senso del sacro nell’arte contemporanea attraverso una selezione di opere realizzate dagli anni Sessanta a oggi creando un dialogo tra più di venti artisti italiani Ferruccio Ascari realizza Babel, una grande scultura in tondo di ferro, che è anche un’installazione site-specific e s’ispira al racconto biblico della Torre di Babele.
Utilizzando la presenza di un lucernario al piano terra della galleria Babel ‘attraversa’ lo spazio longitudinalmente e lo supera. L’opera, alta complessivamente circa otto metri era suddivisa in due parti: la prima andava da terra sino al cristallo, la seconda poggiando su di esso, si sviluppava all’esterno e svettava verso il cielo.
“Considero lo spazio in cui una mia opera viene collocata come un elemento che in qualche misura viene a far parte dell’opera stessa. In questa specifica occasione le caratteristiche dello spazio della galleria hanno costituito uno stimolo”
ha dichiarato l’artista.
“Al di là delle diverse interpretazioni - ha dichiarato l’artista -
‘quello che mi ha sempre colpito è la potenza di quel racconto,
il suo essere una metafora di ciò che contraddistingue l’essere umano,
il suo percorso evolutivo. Un cammino che non sembra conoscere limiti
se non quello della sopravvivenza della stessa specie…Al fondo di tutto
sembra esserci un desiderio conoscitivo insaziabile che si scontra con
l’impossibilità ad essere appagato: più le conoscenze aumentano
più si amplia l’inconoscibile.”
BABEL AUREA 2022
Ferruccio Ascari rimodula in un diverso formato e materiale l’installazione site–specific Babel. Anche in Babel Aurea vediamo corpi rappresentati in uno sforzo teso al raggiungimento di un obbiettivo super-umano: una piramide fatta di corpi realizzati in un sottile filo d’oro il cui scopo è l’assalto al cielo.
La scelta dell’oro ha un valore simbolico che fa parte dell’opera: da sempre questo metallo è associato all’idea di immortalità o di potere assoluto. Il filo d’oro con cui i corpi tesi verso il cielo sono realizzati è però talmente sottile che è sufficiente un piccolo alito di vento per modificarne la statica producendo un movimento oscillatorio che è come una domanda, l’insinuazione di un dubbio nella mente e negli occhi di chi la osserva quest’opera.
IL NOME DELL'ARCO 1983
Corpi in movimento ed elementi vegetali realizzati attraverso un sottile segno luminoso di colore aureo, attraversavano dodici grandi pannelli a formare un ambiente dodecagonale in un’installazione di Ferruccio Ascari presentata nel 1983 al Museo Lenbach di Monaco, dal titolo Il Nome dell'Arco: un ambiente al centro del quale era collocato un grande ramo d’albero curvato in forma d’arco e ricoperto di foglia d’oro.
Nella semioscurità dell’ambiente la trasparenza dei segni colorati sui pannelli, sorta di crittografie luminose, si intrecciava al baluginare dell’oro mentre un suono continuo, una specie di brusio sommesso e indistinto proveniva da un punto imprecisabile. L’ambiente appariva quasi come il luogo di culto lasciato vuoto da una divinità assente e comunque da lungo tempo dimenticata.
In quest’opera i cui elementi formali, diversamente declinati, ricompaiono a distanza di molti anni in numerose opere dell’artista, è significativo anche il titolo, una citazione dal filosofo greco Eraclito: ‘dell’arco invero il nome è vita, ma l’opera è morte’. Nella lingua greca antica infatti la parola’ bios’, diversamente accentata, significa sia ‘vita’ che ‘arco’.
Un tema quello di questo nesso tra sviluppo delle conoscenze, delirio d’onnipotenza e distruzione, che sotto traccia ritroviamo in Promethèus, NOWAR, Babel, Babel Aurea.
I DIOSCURI 2023
Nel dittico I Dioscuri, l’artista riprende la tecnica consueta delle sue opere di pittura, quella dell’affresco riportato su tela. La sottigliezza del segno graffito sulla tela suggerisce la fragilità degli esseri umani e viene accostato a lastre di ferro come accade in altre opere dell’artista.
Il riferimento al mito greco che il titolo suggerisce, determina la scansione di quest’opera che è fatta di due elementi inscindibili, come inscindibile viene narrato nel mito il destino dei due fratelli Castore e Polluce, figli di Zeus.
Come in Babel, in NOWAR i corpi sono segni in movimento colti nell’istante in cui tentano di superare un ostacolo insuperabile, un limite, che accomuna tutti i viventi: quello della morte. La lastra di ferro che ognuno dei due tenta di rimuovere è visivamente questo limite invalicabile.

2!  2024

Come nel dittico I Dioscuri, ma anche in NOWAR, Babel, Limen, in questi affreschi riportati su tela accomunati da un’unico titolo, 2!, ci troviamo di fronte a corpi umani colti nell’istante in cui compiono un’azione. Un’azione che si presta a diverse letture, la cui interpretazione si rivela complessa. Chi guarda viene personalmente coinvolto in questo processo interpretativo che costituisce un aspetto non centrale di questa serie di opere.
Corpi travolti dal desiderio o nel pieno di un conflitto? Oppure in un gesto di empatia? Come avviene ricorrentemente nel suo percorso artistico Ferruccio Ascari con questa serie di opere pone una domanda, non dà risposte, coinvolge chi guarda in un cammino di ricerca:
l’irruzione dell’altro nell’esistenza di ciascuno. Come nel dittico I Dioscuri la lastra di ferro, cui alcuni di questi affreschi sono accostati, è una soglia, un ostacolo da superare.
In tutte queste opere i corpi sono apparizioni fugaci, affiorano dallo spazio per un istante, colti sul punto di scomparire. La sottigliezza del segno graffito sulla tela, come accadeva con i corpi in tondo di ferro inNOWAR, Babel, Limen, suggerisce la fragilità, la precarietà della condizione umana.
2! indica la relazione primigenia, anzi di più, una coessenzialità, si tratta di archetipi: l’uno non ha senso senza l’altro, stanno l’uno di fronte all’altro, giocano, sembrano in relazione d’amorosi sensi, poi lottano, poi volano assieme, precipitano, insomma sono opposti che, proprio per questo, non possono fare a meno l’uno dell’altro’. Così l’artista a proposito di questo suo ciclo di opere.
LIMEN 2023
In quest’opera, con una modalità che caratterizza il suo modo di operare per cicli, Ferruccio Ascari riprende e rimodula in relazione alla specifiche caratteristiche del luogo – il muro di cinta del cortile su cui si affacciano i locali della galleria – due opere precedenti NOWAR e Babel.
In tutte e tre queste installazioni ambientali ci troviamo di fronte a corpi umani colti in un’azione in atto: in Babel corpi rappresentati nello sforzo di raggiungere un obbiettivo impossibile; in NoWar nello spasimo degli ultimi istanti di vita; in Limen corpi colti in un tentativo dalle incerte motivazioni.
Si potrebbe dire che l’installazione rende esperibile l’ambiguità di questa parola: corpi tesi nello sforzo di valicare un muro di cinta, un confine, per attaccare o, al contrario, per sfuggire ad un attacco? La parola latina ‘limen’ (linea di confine), si presta a interpretazioni diverse. La collocazione dell’opera all’esterno dello spazio espositivo è una scelta significativa. Il materiale di quest’opera, come in altre installazioni di Ascari, è il tondino di ferro:
l’intreccio degli esili corpi si sviluppa come un disegno nell’aria, un disegno che subisce continue variazioni in relazione al mutare della luce nel corso del giorno e invita lo spettatore ad uno sguardo aperto al mutamento.
ELELISPHATOS  1988-2023
  • 1988 12 Incisioni su linoleum
  • 1988 Elelisphatos Libro d’artista
  • 1988 Elelisphatos Vetro
  • 1992 Elelisphatos Affreschi Trasportati su Tela
  • 1993 Elelisphatos Affreschi Trasportati su Tela e Lastre di Ferro
  • 2023 Elelisphatos Labirinto di Cristallo, progetto di installazione ambientale
Nel 1988 da inizio con Elelisphatos, 12 incisioni su linoleum (70x215 cm. cadauna), a un ciclo di opere di formati diversi che porterà aventi sino al 2023. Incisioni, pittura su lastre di vetro, affreschi riportati su tela, collages, installazioni ambientali. tutte queste opere sono accomunate da un’unico tema: la congiunzione tra Terra e Cielo.
Un tema che ricorre e che in Elelisphatos s’intreccia col racconto dello Zodiaco inteso come insieme di simboli, ma sopratutto come luogo delle corrispondenze.
Un luogo dove ad ogni cosa, sia che appartenga al regno vegetale, animale o minerale, corrisponde qualcos’altro: un mese dell’anno, una parte do corpo umano, una costellazione. Dedicate ai 12 segni zodiacali le 12 incisioni fanno parte di un’unica opera che è anche all’origine del libro d’artista che porta lo stesso nome.
Un libro ‘muto’ fatto di sole immagini dove le poche parole che compaiono nominano le cose - animali, vegetali, minerali - ossia il mondo, secondo un’ossessione classificatoria in un tentativo irraggiungibile di costituire un ordine. Sciolte dal discorso, le parole vivono una relazione di tipo metonimico con le immagini in un perenne scambio di piani che costituisce l’ordine segreto di questo libro.
ELELISPHATOS 1988
Immagini ‘in continuo movimento’ che ricompaiono in una successiva opera dello stesso anno, Elelisphatos Vetro. Qui un segno fluido, continuo, luminoso per via della natura del vetro, fa emergere da un fondo nero figure e segni che sembrano investiti da un vortice.
ELELISPHATOS
COLLAGE E AFFRESCHI
1992-1993
Un vortice da cui riemergono e vengono travolti in una serie di opere appartenenti a questo medesimo ciclo: Elelisphatos Collage, Elelisphatos Affreschi Trasportati su Tela, e che in alcune opere successive - Elelisphatos Affreschi Trasportati su Tela e Ferro, 1993 - verranno accostati a lastre di ferro.
ELELISPHATOS
LABIRINTO DI CRISTALLO
2023
In Elelisphatos Labirinto di Cristallo, progetto di istallazione ambientale, grandi lastre di cristallo si elevano da terra verso il cielo a formare, come recita il titolo, un labirinto percorribile.
La mappa celeste riprodotta sulla terra fa sì che esso si sviluppi secondo un tracciato corrispondente alle linee che congiungono l’una all’altra le stelle di ciascuna delle 12 costellazioni dello Zodiaco.
Graffiti su alcune delle lastre che compongono il labirinto compaiono i simboli dei segni zodiacali, corpi segnati dalla trasparenza e dal colore nero, un nero inconcepibile senza quei segni di luce che lo attraversano.
Lo sguardo di chi percorre il labirinto è catturato da un vortice d’immagini, di piani che si accavallano trasparenti e dai riflessi del paesaggio circostante che muta con il variare delle prospettive, delle ore del giorno e delle stagioni, col passaggio delle figure che l’attraversano e con il loro uscire di scena.
LUOGO PRESUNTO 2017
Il titolo di quest’installazione composta di una serie di esili sculture in ferro e collocata al centro dello spazio a cielo aperto del Chiostro della Basilica di San Simpliciano è una citazione da Borges: “Luogo Presunto”, indica in effetti un luogo immaginario, di cui non è certa l’esistenza, che ha la stessa consistenza di un miraggio, di un sogno.
LUOGO PRESUNTO
2015
In una precedente versione Luogo Presunto era collocata in uno spazio chiuso, lo studio dell’artista. Esili, tentennanti, le immaginarie architetture, alcune delle quali parzialmente ricoperte da lievi teli garza, si espandono nell’ambiente ancora una volta senza un ordine apparente.
In questa versione la presenza della garza rappresenta un elemento particolarmente significativo sia sul piano visivo che su quello simbolico:
lascia trasparire la struttura di questi immaginari, esili, edifici sottolineandone la fragilità e la precarietà, l’esposizione al rischio.
LUOGO PRESUNTO
VIDEO
2015
Il video prende spunto, come già in altri casi, dall’installazione omonima. “Si tratta di palafitte”, come le definisce l’autore, “dalla stabilità incerta, che hanno un rapporto precario con il suolo. Archetipi di edifici che da un momento all’altro potrebbero prendere il volo. La garza che ricopre alcuni di essi può suggerire l’idea della malattia, ma anche del riparo, della protezione necessaria nei confronti di qualcosa di fragile e precario”.